Un nuovo tassello, che si trova al museo Civico di Vigevano, si aggiunge alla storia di Vigevano
Il recupero e restauro degli affreschi rinvenuti a Largo 34 ha aggiunto un interessantissimo tassello storico alla pregevole piazza Ducale di Vigevano; gli affreschi strappati sono conservati nel museo Civico di Vigevano e corrispondono perfettamente all’impronta che hanno lasciato nel sito originario. La classe 3 CAT (indirizzo Costruzione, Ambiente e Territorio) degli Istituti Paritari Leonardo da Vinci di Vigevano ha intervistato Pier Luigi Muggiati, responsabile del “Servizio Musei, Archivi e Istituto Musicale Costa” del Comune di Vigevano, il quale ha fornito delle informazioni sugli strappi d’affresco presenti in Pinacoteca.
La tecnica dello strappo dà la possibilità di estrarre lo strato più superficiale di un dipinto murale e riposizionarlo sopra a una tela.
Essa nasce principalmente con due finalità: la prima, più antica, era dovuta al desiderio di trasferire l’opera dal suo ambiente di origine ad uno più vicino e meglio osservabile: un museo o un’abitazione privata; la seconda dipende dal rapporto tra le condizioni dell’immobile ospitante e il dipinto stesso; ad esempio, se un edificio presenta pericoli strutturali, i dipinti al suo interno ne saranno sicuramente interessati in modo negativo.
La prima operazione da effettuare è la pulitura e il consolidamento del dipinto. In secondo piano si stende uno strato di colla sulla pellicola pittorica a cui viene adagiata in seguito la tela. Per rinforzare il sistema vanno aggiunti alla tela altri strati di colla e tessuti.
A questo punto si opera lo strappo vero e proprio. Una volta asciugata la colla si andranno a staccare dalla parete le tele, che porteranno via i primi millimetri della superficie dell’intonaco. Fatto ciò, si stende il materiale strappato orizzontalmente, con le tele verso il basso e l’intonaco verso l’alto. Bisogna ora stendere sull’intonaco una sostanza collante che non sia solubile in acqua. Una volta che tutto il sistema si è asciugato, si capovolgeranno le tele e si andrà a rimuovere la colla con l’utilizzo di acqua calda, la quale andrà a sciogliere la parte collosa al di sopra della tela.
L’intervista con il Dottor Muggiati ha permesso di approfondire diversi aspetti del lavoro di restauro, precisando che all’inizio non c’era nessuna testimonianza sulle origini di questi manufatti. Egli stesso era scettico sull’autenticità degli strappi d’affresco, ma tutto è cambiato quando l’architetto Sandro Rossi ha ritrovato il resto degli affreschi sopra Largo 34.
«Quanto ritrovato a Largo 34 testimonia che gli strappi presenti in Pinacoteca sono originali» spiega il direttore del Museo, che poi chiarisce: «L’intervento di restauro sugli affreschi di Piazza Ducale, i cui bozzetti sono conservati in Pinacoteca, è stato realizzato da Casimiro Ottone. Egli ha dovuto utilizzare una tecnica di semi affresco a causa dei tempi ristretti e dello “scarso” finanziamento fornito dal comune di Vigevano». Lo strappo d’affresco: «Era conservato nei depositi, perché prima non esisteva la Pinacoteca. I quadri erano solo ammassati all’interno di Palazzo Crespi. Erano sedi del vecchio Musico Civico, ma ormai erano ritirati, non erano riposti».
COME APPARE OGGI PIAZZA DUCALE
Ciò che vediamo oggi dipinto sui muri di Piazza Ducale è frutto di innumerevoli interventi di restauro che, dalla metà del XVIII sec., si sono susseguiti fino ai giorni nostri (l’ultimo intervento risale al 1987). Se si confrontano le decorazioni della piazza con l’originale si nota che la composizione della partitura pittorica non è andata persa.
Ogni particolare degli affreschi ritrovati è rifinito con la massima cura con pennellate sicure ed esperte da chi sapeva operare rapidamente e in modo eccellente sull’intonaco fresco, caratteristica stilistica andata perduta nei dipinti che vediamo oggi sulle superfici della piazza.
Inoltre, è presente una diversa interpretazione coloristica nei fondi dei finti bassorilievi. Mentre il rifacimento della piazza presenta sostanzialmente un’unica tonalità di fondo dalle sfumature rosso/marrone, nell’originale recuperato si notano anche dei fondi azzurri. Il fregio superiore originale appare sbiadito, come se fossero andati perduti i tratti chiaroscurali che lo caratterizzavano. In realtà, su questa porzione di affresco venne eseguito uno strappo nei primi anni del Novecento in corrispondenza dei restauri che seguirono. D’indiscutibile raffinatezza stilistica, questo fregio fu liberamente ispirato ai temi dell’antichità classica con il suo bestiario di figure fantastiche (fauni, centauri, arpie) affrontate tra girali d’acanto.
Le figure fantastiche, anche se legate alla cultura mitologica dell’epoca, sono utilizzate solo come elementi decorativi di unione tra un decoro e l’altro.
LA MANO DELLO SFORZA
Non si esclude un intervento diretto dello Sforza nella scelta dei soggetti. L’arpia, per esempio, ampiamente raffigurata, aveva nel Rinascimento un significato di rapacità. Il poeta cortigiano Bernardo Bellincioni, che fu un servitore del Moro, avvertiva in lui l’astuzia della volpe, l’energia di un leone e la rapacità di un falco. I soggetti dipinti potrebbero essere stati scelti con cura per amplificare l’immagine dello Sforza.
In particolar modo il fregio deve essere stato molto reinterpretato; le figure fantastiche appaiono troppo filiformi, quasi liberty. Forse ciò è dovuto al fatto che gli artisti dei primi Novecento che affrescarono nuovamente le superfici della piazza erano troppo legati stilisticamente alla loro epoca, e nel cercare di riprodurre lo stile rinascimentale ne tradirono le caratteristiche principali.
È difficile trarre conclusioni precise e dettagliate analizzando solo i frammenti ritrovati o basandosi sul rifacimento esterno che oggi adorna la piazza. Sono scarse le testimonianze rimaste e rare le documentazioni letterarie in questo fine Quattrocento. Bisognerà aspettare la metà del XVI secolo per trovare più puntuali descrizioni di soggetti adatti alle decorazioni dei vari ambienti; in particolare il Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura di Gian Paolo Lomazzo, pubblicato a Milano nel 1584 e in quello di Giovan Battista Armenini I veri precetti della pittura, pubblicato nel 1587 a Ravenna.
Gli affreschi strappati si trovano oggi conservati nel museo Civico di Vigevano e corrispondono perfettamente all’impronta che hanno lasciato nel sito originario.